loretta dorbolò
Olio su tela, 1996, 60x80
Perché l'amore è spesso dolore? Perché siamo stati educati a confondere l'amore con il possesso. Si parla tanto di dover migliorare la società, di dover riproporre valori, di offrire ai giovani qualcosa in cui credere. Fra quanti decenni si comincerà a costruire qualcosa?
Ora viviamo in una società in cui predomina il senso di precarietà. Tutto crolla o si sgretola, tutto da la sensazione di disfacimento: c'è chi ci dorme sopra e chi invece grida allarme, ma in quanti propongono? Chi ha il potere di proporre? Per proporre bisogna avere analizzato, scartato, scelto, abbozzato.
I pilastri, quei famosi pilastri, da che cosa possono essere costituiti? Se tutti ci sentiamo troppo piccoli per cercare rimedio, restiamo immobili a lasciarci sommergere. Se tutti ci sentiamo padreterni, rischiamo di voler ridurre gli altri al nostro parere ad ogni costo, a costo di violenza. Allora, che fare?
Chi guida la nostra volontà? Siamo noi che, col nostro atteggiamento passivo, diamo il volante a pochi che ci fanno violenza sorniona approfittando del nostro non avere tempo? È difficile stabilire le vere responsabilità; spesso, per mancanza di fiducia in noi stessi, pensiamo che coloro che sono in vista sanno il giusto, sanno il di più, ma è davvero così? Ma perché parlavo di amore e dolore? Si è sempre più indotti a diffidenze ed allontanamenti, si restringe sempre più la cerchia anche di chi si può amare. Ormai siamo ridotti alla famiglia e non si dica bentornata famiglia se questo è ripiego dovuto a terrore. La famiglia è la cosa più bella che ci sia se è aperta al prossimo, se non è basata sul principio dell'unione morbosa a scopo di difesa dai mostri che popolano il mondo. Chi ha il potere di ripulire il senso dell'amore? Amore non è possesso, non è esclusione; dovrebbe essere generosità, apertura. Se fin da piccoli fossimo educati ad amare senza avidità ed egoi-
smo, saremmo certamente meno soli e tristi. Volersi bene è tanto facile ed istintivo, è assurdo che si continui ad impostare l'esistenza sul soffocamento di tali istinti se ciò rende infelici. Non so quanti anni fa mi trovavo a considerare con qualcuno che l'amicizia è più bella dell'amore. Amicizia vera è amore vero ed è la cosa più bella ed appagante che c'è al mondo. Nell'amicizia ci sono gli occhi e le mani e il sorriso, e allora c'è l'anima. L'amicizia non esclude la passione ma non la deve neppure comprendere per appagare totalmente; la sola passione è pochi attimi, poi è languore.
Utopie, utopie, non ho ancora messo i piedi per terra. Ma perché mai questa sfiducia, questa non stima? Perché se mi chiedo cosa mi farebbe felice, trovo la risposta utopistica?
Io sarei felice di vedere mia figlia libera di volere bene, non costretta ad allontanare e chiudersi, ad escludere. Vorrei che la sua porta fosse sempre aperta all'amicizia, che fosse sempre capace di essere appagata dallo scambio di pensieri, di confidenze, che non scambiasse mai l'amore con il senso del possesso totale.
Ma poi la realtà irrompe e i miei vorrei traballano e la paura avanza, i contrasti, le incoerenze, le impurità prevalgono. Mi biasimo perché anch'io sono una madre che non sa cosa sia meglio insegnare, se ad amare o a difendersi.
(1992)
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